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Asilo Nido C'era una volta il cielo

Blog: come e cosa fare con mio figlio?



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Rabbia, angoscia, pianto: come confrontarsi con le emozioni del bambino (e non solo)

Posted on September 18, 2021 at 11:20 AM Comments comments (964)

La scuola è iniziata: tanti bambini piangono per entrare, molte mamme si preoccupano, molti papà si impegnano a lasciarli andare.

I primi giorni di scuola (di nido, d'infanzia o quale che sia il grado), le famiglie affrontano una fase di passaggio che può generare ansia se tutto non fila liscia come sperato: "speriamo che nostro figlio non pianga".

Gli educatori sanno che Settembre è un mese in cui avranno a che fare con la rabbia, l'angoscia, la paura, dei bambini (ma anche dei genitori) e per svolgere in modo professionale l'accoglienza del nucleo familiare devono sapersi confrontare essi stessi con il dolore, l'ansia e le altre emozioni che le sottendono e che possono entrare in risonanza con le stesse corde dentro di noi.

Dopo 12 anni di ambientamenti a scuola, come educatrice prima e come coordinatrice poi, osservo e tocco con mano la delicatezza di questo periodo che per tutti (scuola, bambino, genitori, nonni) è un bel banco di prova.

Un bambino che piange (non solo per entrare a scuola) porta inevitabilmente i genitori a temere che si senta impaurito, disorientato, arrabbiato; che non si senta al sicuro, che abbiano sbagliato in qualcosa, che "forse dovevamo dargli di più, di meno o in maniera diversa".

Riflettevo invece, in questi giorni come ogni anno, su quanto sia vitale e in qualche modo positivo (se non semplicemente sano e comprensibile), che i bambini abbiano energie sufficienti per arrabbiarsi, che non trattengano emozioni in luoghi poco conosciuti, che attraverso il pianto possano sperimentare la possibilità di essere abbracciati, ascoltati e consolati da qualcuno al di fuori della famiglia, lì fuori nel mondo.

Mi piace ricordare, e ricordarvi, che quello che dobbiamo augurarci è che la paura e il dolore non vengano temuti dai bambini e che, se tutti lì fuori - compresi noi stessi - imparassero a confrontarcisi, riusciremmo ad insegnare loro a gestire i momenti più critici della vita con positività e sicurezza.

Perchè non sono una persona sicura se non piango mai, se non mi arrabbio mai, se non ho paura mai: sono sicuro se penso di potercela fare, se penso che quella porta (di scuola e non) sarà solo da attraversare, con in tasca tutte le mie emozioni e una bella dose di coraggio.

Siamo a metà percorso, siamo a metà Settembre!

Sta andando tutto bene!

Educatrice e bambino: un rapporto educativo

Posted on February 5, 2020 at 5:50 AM Comments comments (4454)

Cosa si intende per rapporto educativo? Qual è la differenza tra le relazioni che il bambino coltiva in famiglia e quelle che coltiva a scuola?

Certamente il rapporto con la figura adulta, all'infuori di casa e non, non può essere pensato solo come un rapporto cognitivo. I bambini hanno bisogno (per imparare, per crescere) di una relazione di qualità, fatta di emozioni e sentimenti che hanno spesso una inconsapevole funzione comunicativa. Non sono cioè solo i contenuti veicolati dall'adulto a fare la relazione con il bambino ma è soprattutto - e prima di tutto - la relazione stessa. 

E' per questo motivo che l'educatore non può non avere consapevolezza della presenza e influenza delle proprie tonalità emozionali e di come debba essere in grado di esprimersi in modo corretto non solo a parole ma anche con la comunicazione non verbale (postura, atteggiamenti, movimenti, sguardo). Il bambino piccolo infatti comprende ed è condizionato più da ciò che percepisce che dalle parole che ascolta.

E quindi, proprio perchè i processi cognitivi si attivano fin dai primi mesi di vita del bambino, è fondamentale che le figure di riferimento (familiari e scolastiche) sappiano muoversi in questa relazione con lui in modo consapevole, sano, sensibile. 

Il bambino che si sente rassicurato, capito, soddisfatto, consolato, amato e degno di amore, svilupperà una buona fiducia in se stesso e verso l'altro e questo lo aiuterà ad esplorare il mondo e a conquistare gradualmente la sua autonomia. 

Le educatrici al nido riflettono pertanto continuamente sulle loro modalità comunicative e sulla rilevanza del ruolo che rivestono.

Per approfondimenti consigliamo: "Al Nido con la comunicazione non violenta" di Vilma Costetti e Noele Mrazek.

Se mio figlio morde...

Posted on January 14, 2020 at 9:10 AM Comments comments (3482)

Non è raro che il genitore di un bambino al di sotto dei 3 anni si trovi di fronte al tema del morso, sia che si tratti del genitore del bambino che lo ha procurato sia che si tratti del genitore del bambino che lo ha subìto.

Se è il proprio figlio a mordere, il primo sentimento è il senso di colpa e il senso di inadeguatezza. "Sbaglio qualcosa" è la didascalia ricorrente. 

Il bambino che morde ricorda un gesto aggressivo, violento, e come tale viene respinto dall'adulto che, di fronte alla scena, si arrabbia, si dispiace, si preoccupa. "Non voglio che mordi i bambini", "Non devi fare male agli altri bimbi", "Non fare il bimbo cattivo" - ho sentito dire - fai il bravo", "Mamma e papà si dispiacciono se mordi" e via discorrendo.

Se, come spesso accade, il bambino dai 12 ai 36 mesi (di media), attraversa una fase di questo tipo (dove per fase intendiamo il susseguirsi di eventi simili, che si ripetono tutti i giorni o più volte al giorno), i genitori entrano in crisi. 

Ecco che se il genitore non è lucido pronuncia frasi non appropriate che possono inviare un messaggio errato al bambino. 

Per affrontare la questione nel modo più corretto si può dunque partire da alcuni passi.

Innanzitutto, il primo step da compiere è riconoscere ciò che stiamo provando da genitori. Vergogna, rabbia, paura, insicurezza? Dopo aver risposto a questa domanda possiamo esplorarne la risposta e spogliarla di tutte quelle proiezioni e esagerazioni con cui la nostra emotività ha condito quello che quel gesto rappresenta per noi. 

"Mio figlio non è aggressivo, sta solo compiendo un gesto che aggredisce" è già un primo passaggio. 

E' fondamentale guardare i bambini per ciò che fanno, senza mettere in dubbio ciò che sono, ma per farlo è necessario essere a contatto con le nostre emozioni e le nostre proiezioni che riguardano il nostro vissuto e non quello di nostro figlio.

"Mio figlio/a ultimamente morde i compagni ma non lo farà per sempre": un assunto tanto banale quanto necessario quando l'adulto, inconsciamente, si prefigura già di avere un figlio che in futuro sarà problematico e imperfetto. 

"Mio figlio morde ma non è necessariamente colpa mia. Posso correggere il tiro, modificare qualcosa, rinnovarmi e accompagnarlo in questa fase che, come tale, avrà un inizio e una fine."

Sì ma PERCHè morde, vi starete chiedendo senza sosta, alla faticosa ricerca di un colpevole da un lato e alla ansiogena ricerca di una soluzione (e assoluzione?) dall'altra.

"L'importante è che non morda più, che smetta subito." Non è facile andarlo a prendere al nido e sentirsi ripetere che "anche oggi è successo". Che figura, che dispiacere, che rabbia, che scoraggiamento!

Ma è solo dopo aver dedicato realmente del tempo a spogliare il vostro pensiero dei vostri giudizi e preoccupazioni che possiamo concentrarci sul secondo step: cosa dire al bambino e cosa non dire. 

Fermo restando che ciò che avviene al nido resta al nido (e quindi è importante che siano le educatrici ad affrontare e gestire la situazione in modo strategico nell'esatto momento in cui avviene il morso e nei momenti precedenti o successivi in cui può essere prevenuto), può capitare che il bambino morda i pari anche al di fuori di scuola (al parco, in compagnia di amici, feste di compleanno etc). Se infatti il bambino morde solo a scuola, dopo essere stati informati e aggiornati dalle educatrici, la conversazione a posteriori (genitore-figlio) non è funzionale. Si corre infatti il rischio di enfatizzare anzichè esorcizzare questa che è una fase normale/possibile per un bambino di questa età, che ancora non parla e ancora deve imparare a comunicare, sia col corpo che con la voce.

Inoltre ricordare al bambino in cosa ha sbagliato a scuola (considerando il fatto che le educatrici avranno sufficientemente agito in merito) va a colpevolizzare il piccolo che sente altresì di esser stato "tradito" nella sua sfera personale scolastica che, in quanto tale, ha a che fare con lui/lei, le sue educatrici e i suoi compagni. 

E' più efficace un intervento simile (sia a casa che a scuola), che si mette in atto nel momento stesso in cui si presenta il morso. Il bambino percepirà che c'è un accordo tra adulti, una rete che lo contiene (i suoi punti di riferimento) e lo sostiene, ricordandogli o meglio insegnandogli, cosa si può e cosa non si può fare.

Come devo comportarmi in quel momento?

Immaginiamo la scena: vostro figlio ha appena morso un coetaneo davanti ai vostri occhi; il bambino piange, vostro figlio molto probabilmente lo starà osservando. 

Anche i genitori del bambino che ha subìto il morso molto probabilmente vi staranno osservando, tacendo, anch'essi in preda alle loro emozioni poco lucide e poco razionali. La violenza, se subìta o recata, ci spaventa sempre.

Cosa diremo a nostro figlio? "No, non si fa, gli hai fatto male. Vedi che piange? Dobbiamo fare piano." oppure "No, non si morde. Cosa gli volevi dire? Volevi giocare con lui? Diamogli un bacino dove si è fatto male e proviamo a giocare insieme". 

Le frasi non devono essere molte. Più il bambino è piccolo e meno le comprenderà. La comunicazione è asciutta, dolce ma ferma.

Quello che mi preme sottolineare è l'importanza del vostro atteggiamento. 

Sappiate che vi troverete a ripetere le frasi su scritte molte volte in questa fase, a volte addirittura eviterete di ripeterle e preferirete distoglierlo, a volte ancora preverrete il morso, cercando di accompagnarlo nel gioco affinchè lui/lei non si avvicini con l'intenzione di mordere, a volte seppur farete tutto questo e ancor di più, vostro figlio/a continuerà a mordere. Ci sarà un momento in cui lo farà più volte di seguito, addirittura arriverà a mordere anche voi! Ci saranno giorni in cui si sentirà in imbarazzo e tenderà a ripetere quel comportamento, seppur sbagliato, che tutti gli adulti gli stanno facendo notare. Sarà il suo modo per dirvi "basta, non ripetetemelo più".

Sarà un periodo ripetitivo e probabilmente procederete per tentativi. Non senza prima aver ben chiaro quali sono le cose da non dire, ovvero tutto ciò che lo farà sentire giudicato (ad esempio, generalizzando con "fai male ai bambini" anzichè "in questo modo gli hai fatto male") o colpevole ("se fai così noi ci rimaniamo male", "ma perchè fai così?")

Qual è allora la frase giusta? Qual è allora la soluzione? Come posso farlo smettere subito? Ha dei problemi? Sto sbagliando io? 

La risposta a tutto questo si trova nella mia prima premessa: a seconda di come noi adulti viviamo l'evento, egli lo vivrà di conseguenza. E' più importante come il bambino lo vivrà che quante settimane durerà. Meglio lo vivrà, meno durerà. E con meglio non intendo essere poco chiari e fermi: non si può mordere, questo è un messaggio che non vacillerà.

Sarà però lo stato d'animo con cui entrerete in comunicazione con il bambino che farà la differenza. 

Ecco che non sarete petulanti nè pedanti, non sarete dispiaciuti o delusi, non sarete spaventati. 

Non c'è niente e nessuno di cui aver paura. Nè della fase che vi sembra di non riuscire a controllare, nè degli errori che vi sembra di star compiendo.

Il nostro compito non è infatti quello di controllare l'inizio e la fine delle fasi dei bambini ma di accompagnarli, con la maggiore lucidità e coerenza possibile, nel loro percorso di crescita che è, nel caso degli anni del nido, appena agli albori...

Giocare fa bene

Posted on December 19, 2019 at 9:10 AM Comments comments (2313)

Giocare e saper giocare rappresentano un segnale importante dello stato di benessere del bambino. 

Giocando si impara, giocando si comunica: la realtà fittizia che il bambino costruisce nel gioco non rappresenta una copia in miniatura ma una sua intepretazione, la rappresentazione che egli si dà della realtà. Le educatrici al nido sanno osservare e rispettare i tempi dei bambini a scuola, riuscendo a riconoscere chi ha bisogno di essere accompagnato e guidato nel gioco e chi invece ha bisogno di attendere e osservare prima di agire. Giocare fa bene per la soddisfazione intrinseca che deriva dal fare, dall'agire, fa bene perchè il gioco restitusce al bambino il senso del proprio agire, la consapevolezza della propria esistenza nel mondo, la percezione del proprio corpo, delle proprie abilità e competenze, la possibilità di poter intervenire sulla realtà manipolandola e trasformandola.

Il gioco al nido si alternerà in momenti di gioco libero e in altri strutturati, proposti dall'educatrice. 

L'alternanza di questi due momenti diversi consentirà al bambino di esplorare ed esprimere se stesso e i propri contenuti emotivi, in diverse forme e tempi. 

Importante chiarire che al bambino non si deve insegnare a giocare, lo sa già fare; ha solo bisogno di un contesto appropriato in cui farlo. Il ruolo delle educatrici è proprio quelllo di predisporre l'ambiente e scegliere i materiali adeguati alla sua età, in modo che egli possa organizzare soggettivamente la propria attività esplorativa.

Utilizzare il gioco per intrattenere, educare, valutare il bambino non è funzionale. Si gioca col bambino per sostenerlo, per prolungare il suo gioco, per amplificarlo ed espanderlo, o per arricchirlo. La presenza dell'adulto sarà attenta e partecipe (lo sguardo, l'approvazione e l'incoraggiamento rivestono un ruolo rilevante tanto più il bambino è piccolo) ma mai invadente nè interferente. 

Le educatrici non sono protagoniste bensì si pongono come mediatrici, strumenti, affinchè i bambini arrivino a giocare, lavorare, serenamente e autonomamente "come se le educatrici non fossero presenti", come scriveva Maria Montessori.

L'inserimento al nido: come si svolgerà

Posted on December 4, 2019 at 8:25 AM Comments comments (2178)

Per il bambino l'ambientamento al nido rappresenta una fase di transizione, un passaggio evolutivo: dalla dimensione familiare alla dimensione sociale. Un'esperienza di intensità relazionale ed emotiva forte perchè implica una prima separazione dalla famiglia, l'adattamento ad una nuova realtà e la costruzione di nuovi legami affettivi.

La scelta del nido provoca nel genitore una complessità di emozioni e tocca contenuti complessi. Le nostre educatrici e la Coordinatrice accoglieranno la famiglia e la coppia genitore-bimbo, tutelando entrambi in questa importante esperienza che rappresenterà per il bambino qualcosa di positivo e arricchente.

La prima relazione di fiducia si instaurerà tra i genitori e l'educatrice di riferimento durante il colloquio di pre-ambientamento. Questo incontro sarà la prima vera occasione per conoscersi, condividere informazioni sul bambino (abitudini, routine, storia) e viceversa restituire informazioni sul progetto educativo della classe di riferimento e sulle modalità di svolgimento dell'ambientamento.

La prima fase dell'inserimento prevederà la compresenza del genitore in classe: in questi giorni il genitore e l'educatrice collaboreranno per inviare messaggi di fiducia al bambino, consentendogli di comprendere pian piano che in questo nuovo posto avrà una persona di riferimento di cui fidarsi e di cui soprattutto la mamma (o il papà) si fida.

La mamma (o il papà) accoglierà il bambino ogni volta che egli si avvicinerà ("Che bello questo gioco!") e rimanderà sempre all'educatrice ("Fallo vedere anche a Giorgia!"). Questa danza dolce rappresenterà il passaggio primario, il ponte, per raggiungere e godersi questa prima esperienza sociale e scolastica!

La seconda fase avverrà quando il bambino avrà instaurato già una relazione di fiducia con l'educatrice, in un clima disteso, interessante e divertente. Fondamentali saranno le routine che il bambino avrà conosciuto durante i giorni di ambientamento in compresenza con la mamma. 

Tra queste: le canzoncine di accoglienza, la merenda, un gioco preferito (che verrà scelto e identificato durante i primi giorni insieme!), la lettura e la canzoncina di chiusura!

Queste routine permetteranno al bambino di orientarsi e di avere altri punti di riferimento oltre all'educatrice e ai primi pari con cui si relazionerà.

Durante la seconda fase dell'inserimento pertanto, quando il bambino resterà in classe senza il genitore, saranno stati costruiti tutti i confini sicuri entro i quali egli potrà muoversi e giocare serenamente!

Al termine della canzoncina dei saluti, il genitore busserà alla porta della classe, accoglierà il bambino e riceverà info e feedback dall'educatrice.

Il momento del saluto del mattino e il primo distacco va pensato come un momento fluido e sereno già dalle prime volte: la mamma (o il papà) avranno infatti anch'essi avuto modo di ambientarsi in quei giorni precedenti. Avranno conosciuto l'educatrice e l'una e l'altra saranno, da quel momento in poi, a piena disposizione del bambino, collaborando l'una al fianco dell'altra per far sì che questa esperienza possa essere il più possibile costruttiva, nutriente e ricca!

Buon inizio a tutti!


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